Come possono persone comuni arrivare a una proposta che sarà discussa e votata in Parlamento?

Se ne parla nell'editoriale di Elle in edicola dal 4 maggio

E se un giorno, a sorpresa, vi chiedessero di indicare un progetto da realizzare con i soldi del Pnrr, sapreste indicarne uno davvero indispensabile secondo voi? Oppure se vi convocassero per stabilire il numero degli ingressi dei lavoratori extracomunitari per il 2024, avreste un’opinione sul tema? Meglio qualche decina di migliaia o 500.000 e più? E ancora: se vi capitasse di dover esprimere un parere vincolante su questioni importanti come il fine vita, l’ex reddito di cittadinanza o la gestazione per altri, vi sentireste pronti?

Diciamo la verità, sembrano domande assurde: chi mai potrebbe chiedere a voi di decidere sul futuro e sul presente del proprio Paese in modo così improvviso e diretto… Eppure è ciò che accade nella nostra Europa, come potete leggere a pag. 56. Ma non si tratta del meccanismo referendario della Svizzera, dove può capitare che in soli nove mesi si consultino i cittadini ben tre volte per un totale di 13 quesiti (è accaduto nel 2021, e non è un record). No, in questo caso scelgono proprio te, e sei tu che devi pensare, soppesare, confrontare e poi decidere. Sapendo in anticipo che non si tratta di un esperimento sociale o di un reality show senza conseguenze, ma di un atto consapevole che darà vita a una legge dello Stato.

Si chiama Democrazia deliberativa e funziona così: si sorteggia un gruppo di cittadini, qualche centinaio al massimo, per formare piccole Assemblee locali con l’obiettivo di fare proposte di legge su temi etici, economici, politici e sociali. È già accaduto due volte a Lisbona. L’Irlanda ha avviato la terza esperienza: dopo aver varato matrimoni gay e aborto grazie alle Citizens’ assemblies, ora affiderà alle persone sorteggiate il compito di formulare una proposta di riforma sull’uso delle droghe. In Belgio sono in corso ben quattro Assemblee: sull’integrazione dei migranti, sul finanziamento pubblico dei partiti, sul clima, sul rumore nei centri urbani. Il 2 aprile scorso in Francia la Convention citoyenne si è espressa sul fine vita: il 75,6 per cento dei sorteggiati ha detto sì a una legge sull’aiuto attivo a morire e ha presentato a Emmanuel Macron un rapporto con le sue conclusioni. Lui ha risposto annunciando un disegno di legge entro l’estate.

Ma come possono persone comuni, senza un’approfondita esperienza o conoscenza del tema, fare prima e meglio di un politico eletto, e arrivare persino a una proposta che sarà discussa e votata in Parlamento?

Si può, si può. E abbiamo deciso di raccontarlo in questo numero con un reportage dalla Francia che mostra, a chi sostiene che la democrazia è un rito ormai stanco e consumato, che non è così. E forse qualcuno tra i 16 milioni di elettori italiani che non hanno votato alle ultime elezioni smetterà di giustificarsi dicendo “io non voto perché tanto non cambia nulla”. Non è mai troppo tardi per capire che la democrazia è quel gioco in cui si vince solo se si partecipa...

Elena Mantaut, Vicedirettrice vicaria di Elle

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