La stylist di Stranger Things ed Euphoria, ma anche Iggy Pop, Angelina Jolie, Ewan McGregor o Chris Pine. Per acquistare vintage, si recano tutti qui, in un quartiere nell’East Side di Los Angeles, Mount Washington, all’interno di un fabbricato senza pretese che, ad una prima occhiata, potrebbe sembrare un edificio abbandonato. Si chiama Mothfood e alla sua guida c’è Tommy Dorr, collezionista di capi d’annata dal 1999, un negozio a Detroit prima, uno a L.A. oggi e uno shop online con drop settimanali curati attentamente. Com’è successo che un sobrio e modesto showroom sia diventato l’eldorado dell’acquisto d’antan?
“Al giorno d’oggi con i social media è tutto così allo scoperto, così accessibile. Volevo garantire la privacy delle persone che vengono qui ad acquistare o a prendere ispirazione, o anche solo a fare un’esperienza intima senza che venisse sbandierata ai quattro venti”. Eccolo qua, il segreto, come rivelato dal fondatore in una recente intervista al magazine WWD. La riservatezza, il piacere della scoperta di chicche dal passato, in un ambiente che garantisca discrezione e poca superficialità. Sul profilo Instagram di Mothfood, che conta ad oggi oltre 35mila follower, di celebrità, in effetti, se ne vedono ben poche (fa eccezione il mitico fondatore dei The Stooges).
I post mostrano invece magliette (molte), jeans, felpe, articoli da lavoro e military. Esclusi dalla galleria virtuale, i capi più speciali, visibili solo durante uno dei quindici appuntamenti settimanali che Dorr programma all’interno del suo showroom. Sulla provenienza degli abiti, il massimo riserbo, come sottolineava già nel 2020 un articolo di Business of Fashion dall’eloquente titolo di “Inside the secret world of vintage fashion scouting”, dove si evidenziava l’importanza, in un mercato di fatto diventato mainstream e quindi decisamente più concorrenziale, della segretezza sulle fonti di approvvigionamento dell’abbigliamento di seconda mano. Tuttavia, il fondatore di Mothfood, qualche indizio lo lascia trapelare: “…ho molti articoli databili tra gli anni Quaranta e Sessanta, il mio punto debole”, ha precisato a WWD. Capi, come afferma lui stesso, sovente senza etichetta e molti dei quali provenienti dal Giappone, con un gruppo di antiquari che, mentre alla ricerca di preziosi mobili in lacca o in legno di cipresso, scova abiti d’annata che poi spedisce a Los Angeles.
Pare infatti che le donne di L.A. siano diventate grandi fan delle uniformi dei ferrovieri giapponesi degli anni Quaranta, merito di Tommy che ne ha fatto una specialità di nicchia tutta da scoprire. Perché, a ben guardare, ciò che differenzia Mothfood da altri rivenditori vintage come, ad esempio, il famosissimo Aralda, è proprio la tipologia di prodotti offerti: nessuna grande firma e nessun abito da grande soirée, meglio, da red carpet come ci si potrebbe invece facilmente aspettare da uno shop con sede nella città del cinema. T-shirt, pantaloni, giacche e giubbotti, tutti adatti ad un uso quotidiano che tanto, al tappeto rosso, ad Hollywood c’è già chi ci pensa. Non solo poi, perché l’atmosfera intima e in un qualche modo più autentica che si respira nello store di Mount Washington, ha attirato anche giovani stilisti che qui ricercano ispirazione tra stoffe e oggetti di epoche lontane. Una su tutte: Emily Bode, creativa talentuosa, eletta nel 2022 Menswear Designer of the Year dal CFDA, e che Dorr ha aiutato nel lancio del proprio brand, fornendo i materiali di partenza per la prima collezione.
Insomma, la nostra è senza dubbio l’epoca d’oro del vintage. Stando allo store di capi di seconda mano Thread Up, il mercato varrà, nel 2024, 36 miliardi di dollari. Cosa fa da propulsore? Sicuramente, la pandemia da Covid-19 prima e l’incertezza economica poi, ma non solo. Anche la sostenibilità, a braccetto con una certa dose di nostalgia che i giovani Gen Z e Millenials provano per le mode di epoche non vissute, fanno la loro parte ed è chiaro che in un mercato diventato di primo piano all’interno del settore moda, a fare la differenza sarà chi saprà distinguersi con ricerche mirate e poco convenzionali. Proprio come il Mothfood di Los Angeles.