Come rendere il proprio guardaroba sostenibile in 5 passi

Ordinare (o riparare) il vecchio per fare spazio al nuovo, secondo un’attitudine green partendo dall’armadio #gettingreener

Vietato lo shopping compulsivo, bannata la moda a tempo determinato. Queste, in estrema sintesi, le formulette sacre per un guardaroba virtuoso. Facile? Non proprio. I prolifici social network remano controcorrente e la moda, sfuggente e per natura cangiante, anche. Basta aprire le ante del guardaroba per scoprire l’eccesso: l’abito mai indossato, l’accessorio acquistato d’impulso, il pantalone vecchio di anni che non calza più.

Come rendere il proprio guardaroba green in 5 mosse

Lo step propedeutico, per quanto banale possa apparire, è proprio questo: osservare. Cosa indosso di più? C’è un abito cui proprio non voglio rinunciare che necessita di modifiche? È da qui che deve partire il decluttering, mania globale che ha raggiunto il suo climax in epoca pandemica, ora in leggero declino da quando anche la guru di ordine e pulizia Marie Kondo ha ammesso che sì, la sua casa “irradia gioia” pur con un po’ di disordine in giro. Eppure, organizzare il guardaroba rimane un passaggio imprescindibile verso una moda sempre più circolare, oltre che un aiuto validissimo a decodificare il proprio stile e comportarsi di conseguenza.

Primo step: catalogare

“Occorre iniziare dalle categorie più piccole. Ad esempio, i blazer tra le giacche o i denim tra i pantaloni”. A puntualizzarlo dalle pagine di British Vogue, è Bianca Rangecroft, fondatrice dell’app Whering, una sorta di inventario digitale a portata di smartphone, da sfogliare all’occorrenza. Il consiglio, è quindi quello di suddividere l’armadio in micro sezioni che facilitino il vaglio dei capi e ci aiutino a capire in rapidità cosa indossiamo e cosa no. Un ulteriore tip: notare se tra i preferiti c’è un minimo comune denominatore. Un colore, un fit, uno stile che declina la maggioranza del nostro armadio e che ci sarà d’aiuto negli acquisti- meno assennati e più longevi- del futuro. Nel processo di schedatura poi, possono tornare utili anche le app. Oltre a Whering, che permette, tra l’altro, di sbirciare all’interno degli armadi altrui alla ricerca di ispirazione, ne esistono oggi un ampio ventaglio. Di alcune vi avevamo parlato in questa mini guida ad hoc, ma la lista è lunga e contiene, ad esempio, anche Save Your Wardrobe, un’applicazione che è sì un guardaroba liquido, ma anche una sorta di calendario in cui programmare le mise, oltre che un ottimo propulsore all’acquisto consapevole, con link di partner selezionati in cui fare shopping di moda upcycled.

Matt JelonekGetty Images

Secondo step: selezionare

Ne ho davvero necessità? Riesco ad abbinarlo con ciò che già possiedo? Quanto è vittima dei trend del momento? Queste le domande da porsi nel processo (spietato) di selezione: è a questo punto che va deciso cosa tenere e cosa no. L’abito che è rimasto intere stagioni negli anfratti del guardaroba, probabilmente non fa per noi. L’acquisto modaiolo, quello impulsivo ed emotivo, può avere anche una seconda chance, magari con qualche modifica che lo renda più adatto a noi. Insomma può essere utile, a questo punto, prendersi un po’ di tempo per suddividere i capi in tre gruppi: quelli che si vogliono mantenere, quelli per cui occorrono modifiche o aggiornamenti e infine quelli che, per questioni di cambiamento di taglia o gusto, decidiamo di lasciare andare.

Terzo step: riparare

Negli Stati Uniti e in Inghilterra, ma speriamo presto anche da noi, esistono app di sartoria on demand. Sojo, ad esempio, permette in pochissimi passaggi di riparare, accorciare, ricucire i propri abiti senza nemmeno uscire di casa. Una volta scaricata l’applicazione, s’inerisce il proprio codice postale e si seleziona il sarto locale più adatto alla propria richiesta. Una volta evaso l’ordine, un corriere (in bicicletta) ritira il capo che verrà riconsegnato entro cinque giorni. Se ancora in Italia queste opzioni sembrano futuristiche, è anche vero che esistono altre app che possono essere d’aiuto a monte, al momento dell’acquisto. Size up, ad esempio, trasforma il proprio smartphone in un metro, grazie ad un’interfaccia che misura abiti, giacche, jeans. My Size Id, invece, fa anche di più, consentendo di realizzare un profilo all’interno del quale inserire una mappatura delle proprie misurazioni, da utilizzare per lo shopping online nei tanti siti ospitati dalla piattaforma. Insomma, un modo come un altro per sapere la taglia giusta per un determinato brand ed evitare così acquisti sbagliati.

Quarto step: fare spazio

Ovvero liberarsi di ciò che, per svariati motivi, non fa più al caso nostro. Attenzione: in modo responsabile. “Sono una grande fan delle piattaforme di rivendita dei capi second-hand così come dei negozi dell’usato che potrebbero prendere in considerazione l’acquisto dei nostri capi. Non sono da tralasciare nemmeno gli scambi”, sostiene l’attivista di moda sostenibile Aditi Mayer, sentita da British Vogue. In effetti, oltre alle arcinote piattaforme di rivendita dei capi usati- dal lussuoso Vestiaire Collective al più democratico Vinted- fare spazio al guardaroba evitando cassonetti e compagnia, è possibile. Avete mai sentito parlare degli Swap Party? Dall’inglese “to swap” ovvero “scambiare” è una pratica nata negli Stati Uniti (e dove sennò), in particolare nella Manhattan bene dove le ricche signore dell’élite erano solite organizzare meeting a numero chiuso in cui scambiarsi vestiti o accessori vintage. Il cambio di stagione, quello che ci obbliga a mettere le mani al guardaroba, è un momento ideale per fare ordine e organizzare, perché no, un mercatino fai-da-te con amiche, parenti o conoscenti, che allunghi la vita dei nostri capi.

Daniel ZuchnikGetty Images

Quinto step: investire

In capi di qualità. Per evitare rammendi, ripensamenti e acquisti mordi e fuggi che non giovano all’ambiente. I social, in questo senso, possono tornare utili poiché sono tantissime le giornaliste, influencer o attiviste che mettono a disposizione risorse preziose che aiutino a destreggiarsi nel mondo della sostenibilità della moda, evitando di incappare in brand che offrono un’eticità soltanto illusoria. Il vecchio adagio- comprare meno e meglio- rimane sempre valido, ed è un invito ad insistere in pezzi timeless e seasonless; blazer, denim, o capispalla di qualità che non temano lo scorrere del tempo. E il colpo di testa? Sì, da vere fashioniste contempliamo anche quello, ma in chiave green, ad esempio facendo affidamento ai tanti siti di renting che, in modo intuitivo, consentono il noleggio di abiti e accessori da occasione evitando così d’intasare guardaroba e ambiente. E allora, che l’ordine (sostenibile) sia con voi!

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