Le donne nello sport sono ancora sottopagate? L’appello della tennista numero uno al mondo

Il gender pay gap nello sport è una sfida da vincere

La tennista polacca Iga Swiatek, considerata la numero uno al mondo, ha fatto un appello contro il gender pay gap. Le diverse retribuzioni tra uomini e donne nello sport, come negli altri settori, sono infatti una realtà spesso denunciata da molte sportive, che chiedono più equità. L'appello è stato lanciato durante la conferenza stampa in vista del suo debutto nel WTA 1000 di Madrid: la Swiatek chiede la parità nei montepremi per tutti i tornei dei circuiti ATP (Association of Tennis Professionals) e WTA, come già avviene per i 4 appuntamenti del Grande Slam.

Gender pay gap: la situazione delle donne nello sport

Parliamo di numeri: la Swiatek ha incassato 100 mila euro al torneo WTA 500 di Stoccarda mentre il premio del tennista spagnolo Carlos Alcaraz all'Atp 500 di Barcellona ammontava a 475.000 mila. Una disparità non da poco, considerando anche che Alcaraz è considerato il tennista numero 2 al mondo, dopo il serbo Djokovic. Non si tratta solo di un gap di natura economica, precisa la tennista, o di natura politica, ma c'è dell'altro. Sottolineando che, tuttavia, la situazione del tennis è migliore rispetto ad altri sport, basti pensare al fatto che gli US Open sono stati il primo torneo del Grande Slam, nel 1973, a offrire un montepremi uguale per uomini e donne, ma purtroppo solo nel 2001 gli Australian Open hanno seguito questo virtuoso esempio e nel 2007 è stato il turno di Roland Garros e Wimbledon. Le disparità rimangono nei tornei minori, come appunto nei tornei ATP e WTA. Ma qual è la situazione, in generale, dei compensi di uomini e donne nello sport? Secondo una ricerca condotta dalla BBC, oggi l'83% degli sport prevedono uguali compensi per uomini e donne, ma sicuramente c'è ancora da fare per raggiungere la piena parità. Nella top 100 degli atleti più pagati al mondo, ad esempio, figurano solo uomini. Certo, gli sport che hanno più visibilità e sono più seguiti sono spesso sport "maschili", come ad esempio il calcio, per non parlare delle sponsorizzazioni, anche queste appannaggio maschile: secondo un'indagine, gli atleti sarebbero più "commercializzabili" rispetto alle atlete. Si tratta di una logica delle aziende finalizzata a fare profitti, che tuttavia nasconde un modo di pensare profondamente maschilista.

Robert PrangeGetty Images

Per non parlare della copertura dei media di notizie che riguardano atlete: nonostante il grande aumento della partecipazione delle donne allo sport, nel corso degli anni la copertura mediatica delle atlete è rimasta invariata. Ci sono altri fattori che influenzano anche il guadagno delle atlete, ad esempio la mancanza di donne che ricoprono posizioni di comando nelle organizzazioni sportive. Nelle fondazioni sportive europee infatti, solo il 14% di tutte le posizioni decisionali è occupato da donne. E arriviamo alla nota più "dolente", ovvero la regina di tutte le disparità economiche uomo-donna: la maternità. La maternità riduce il guadagno delle atlete poiché perdono molte possibilità di partecipare ai tornei, oltre al tempo richiesto per allenarsi e ritornare in forma dopo il parto. Insomma, la sfida lanciata dalla tennista Iga Swiatek ci offre molti spunti di riflessione e una sola soluzione: abbattere per sempre le discriminazioni e le differenze di genere nello sport, di qualsiasi natura esse siano. Sarebbe un'importante vittoria, per tutti.

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